LA SUA ARTE
Unicità dell'arte di Adolfo Passione

D opo una fase iniziale intrisa di quel “primitismo ingenuo” che è utopico dell’artista ai suoi esordi, Passione ha intrapreso un cammino moderno tutto suo, creando delle immagini formate da poliedri di varia foggia e dimensione che stilizzano enigmaticamente la realtà. L’artista non attinge a nessuna scuola, e non perché le rifiuta, ma perché non ne ha conosciute. Egli ha conosciuto soltanto il lavoro, l’impegno, ha seguito l’istinto, la sensibilità di rendere omaggio alla bellezza, alla vita, al sentimento.

Molti hanno intravisto nelle sue opere un aggancio con il Cubismo, altri, invece, un velato richiamo al Futurismo, ma Passione non ha accettato etichette, ritenendo la sua espressione una spontanea manifestazione dell’anima. Nel silenzio del suo laboratorio ha realizzato i momenti più esaltanti della sua feconda fantasia; le sue opere nascono dalla scelta di un soggetto (spesso di carattere religioso – chiese, Madonne o Gesù in croce – ma anche di carattere paesaggistico, floreale e talvolta surreale) e dalla sua successiva trasposizione in scene “scomposte” in mille piccoli e grandi triangoli caricati di un’espressività insolita per delle mere figure geometriche.

C ome pochi saprebbero fare, l’artista sa rendere l’espressione di un volto sereno con un tratto sintetico, spigoloso, in grado però di racchiudere uno stato d’animo. Nella pittura, la sua tavolozza non supera i quattro colori grazie ai quali l’artista ottiene varie tonalità e sfumature per raggiungere una “luce” particolare, ovattata ed incredibilmente suggestiva, che attrae, stupisce, affascina e soddisfa l’occhio dell’osservatore. Passione “sente” a tal punto i suoi soggetti che li vivifica dotandogli di anima e pathos o di serenità e dolcezza.

"D i particolare interesse è l’indagine che può svolgersi su un autore autodidatta e genericamente ritenuto incolto: un autore contemporaneo, uno di quelli che si muove sul terreno del naivismo e che nello stesso tempo pare abbastanza inserito nel vettore dell’autorappresentatività.

Parlo di un conterraneo come Adolfo Passione che nelle sue prime esperienze dimostra un vivo interesse per la corposità delle forme per dare consistenza alle forme dell’essere, così come Coubert era preso dalla carnalità dei suoi soggetti per rappresentare l’animalità ovvero la capacità di dare segno estetico all’istinto. In seguito Adolfo Passione ha intuito il valore della modularità e ha immesso nei suoi quadri un principio di razionalizzazione che è anche tensione, come il cubismo di Picasso. Era l’unica via per dare respiro autonomo ai soggetti rappresentati, mentre s’imponeva la necessità di delineare una razionalità e di porsi come referente di quella razionalità. Il referente è tale se è implicato totalmente.

I moduli adottati, solitamente poliedri, hanno una doppia tensione, sono centroversi e fugoversi; propendono ad esprimere un vettore centripedo nelle immagini, centrifugo negli sfondi. Sicchè lo spazio si amplifica a dismisura, si infinitizza, crea un illimite tra soggetto e ambiente; nelle opere di Picasso invece vige la più completa dispersione del segno, è l’indice distintivo dell’irrazionale e dell’eversivo. Il modulo è però anche una semplificazione del discorso, una sorta d’ingenuità rispetto all’inconscio che viene letteralmente sconosciuto. Per cui l’apporto del surrealismo è soltanto intuito, non è minimamente praticato da Adolfo Passione. L’inconscio viene ridotto tout court alla spiritualità un essenziale che non è comunque spiegabile, ma che è in qualche modo rappresentabile soprattutto in termini estetici; ma è una spiritualità propria tutta soggettiva, e perciò anche precaria, che però corrisponde anche alla dimensione fideistico-arazionale di una moltitudine. Infatti non c’è mai in Adolfo Passione la pretesa di rendere operativa una verità, non c’è verità se non quella colta in quel momento, in quella particolare esperienza. Si pensi invece alla tensione globalizzatrice di Kandisky.

Il senso della precarietà della verità, che potrebbe apparire come una sorta di relativismo, è invece una sottile critica alla verità-potere, alle verità che pretendono di porsi come certe e indiscutibili. Mentre Passione propone un parcheggio delle ostilità il rimessaggio, degli screzi quotidiani. Basti osservare la sua teoria della famiglia, la sua teoria sociale. C’è anche un armistizio con il male, un patto di pace con la sofferenza. Si vedano la serie delle crocifissioni, ma anche la tenerezza delle combinazioni cromatiche. Ai fiori è dato il potere di suggestionare i vasi che li contengono. C’è il tentativo, analogo a quello di Kazimir Malevic, di far collimare idea e percezione.

Da questo tipo di inoperare è esclusa la storia, sono esclusi tutti i segni di distinzione delle epoche, c’è solo una struttura narrante, che parla di sé che parla del mondo. Non ci sono le distinzioni sociali non ci sono razze, né differenziazioni etniche e culturali. Non ci sono persecutori da perseguire genocidi da condannare. Il sostrato della percezione della poetica pittorica di Adolfo Passione e la religiosità che si esprime nell’adesione totale al trascendente, quel trascendente così bene simbolizzato dal Cristianesimo."

Mario Schiattone
Da "Il Corsivo" n.44 del 22 Novembre 2000